Gli enzimi: cosa sono e come funzionano
L’immagine qui sopra rappresenta l’enzima beta-amilasi dell’orzo (fonte). Scopriamo insieme cosa sono, a cosa servono e come funzionano queste molecole che rendono possibili le reazioni biochimiche negli organismi viventi… e anche in cucina.
Introduzione
Gli enzimi sono catalizzatori biologici, ossia molecole (principalmente proteine) che accelerano moltissimo la velocità delle reazioni chimiche negli organismi viventi. La parola enzima deriva dal greco en (=dentro) e zume (=lievito) e fu utilizzata per la prima volta nel 1878 dal fisiologo tedesco Wilhelm Kühne quando descrisse la capacità del lievito di produrre alcol a partire da zuccheri.
Innumerevoli processi di trasformazione degli alimenti (desiderati o no) sono catalizzati da enzimi. Basti pensare ai prodotti da forno a lievitazione naturale: il processo fermentativo non avverrebbe senza gli enzimi prodotti da lieviti e batteri. Gli enzimi possono essere aggiunti a vari scopi nella preparazione di cibi e bevande, e l’industria alimentare ne fa ampio uso, ad esempio per produrre sciroppi dolcificanti, amido modificato, formaggi, bevande, prodotti da forno, latticini delattosati.
La produzione industriale di enzimi avviene mediante estrazione da piante, animali o microrganismi, oppure per fermentazione microbica. Quest’ultima è la via attualmente più diffusa in quanto presenta vantaggi economici, tecnici, etici e ambientali. Gli enzimi che si trovano in commercio sono disponibili in forma liquida o essiccata (granulare e in polvere). Generalmente si utilizzano in piccoli quantitativi, indicati dal produttore a seconda delle applicazioni, così come sono specificate le condizioni ottimali di impiego quali temperatura e pH.
Quadro normativo
La normativa di riferimento sugli enzimi è stata armonizzata nell’Unione europea nel 2008, ciò significa che tutti i Paesi membri devono rispettare le stesse regole per la produzione e l’impiego di queste sostanze. Relativamente all’etichettatura, non è obbligatorio riportare l’enzima in etichetta se esso è utilizzato come coadiuvante tecnologico (=sostanza che poi non si ritrova più nel prodotto finito, oppure se ne trovano residui ma senza effetti sul prodotto finito e sulla salute del consumatore). Alcuni enzimi sono autorizzati come additivi e devono perciò comparire nell’elenco degli ingredienti. Per la precisione rientrano in questa categoria solo 2 enzimi: invertasi (E1103), che scinde il saccarosio in glucosio e fruttosio, e lisozima (E1105), tipicamente impiegato nella produzione di formaggi stagionati per inibire la crescita di clostridi.
Dal 2008 è prevista la creazione di un elenco comunitario di enzimi alimentari autorizzati, ma poiché tale elenco ad oggi non c’è ancora, continuano ad applicarsi le norme nazionali (oltre a quelle europee limitatamente ad alcuni settori normati in modo specifico, come succhi di frutta e vino).
Come funzionano
Gli enzimi sono molecole dotate di una sorta di tasca, il sito attivo, che ha una forma complementare a una determinata sostanza, il substrato.
Quando il substrato si “aggancia” al sito attivo, diminuisce l’energia di attivazione della reazione, che potete immaginare come una salita ripida prima di una discesa. La reazione, di conseguenza, avviene molto più velocemente.
Ogni enzima è specifico per una tipologia di substrato e può catalizzare solo una specifica reazione (idrolisi, formazione di legami, ossidazione, ecc.). Una volta avvenuta la reazione l’enzima non si consuma ma resta inalterato, pronto per ospitare un’altra molecola di substrato e far avvenire un’altra volta la reazione. Per questo motivo bastano piccolissime quantità di enzima per agire su un gran numero di molecole di substrato. Alcuni enzimi sono attivi così come sono, mentre altri per attivarsi necessitano di coenzimi (ad esempio vitamine) o cofattori (solitamente ioni metallici). Un’altra cosa importante da sapere è che gli enzimi esplicano la loro azione a specifici valori di temperatura e pH, lontano dai quali sono pressoché inattivi.
Il nome dell’enzima (terminante con il suffisso -asi) rivela la natura della reazione catalizzata. Ad esempio: le idrolasi sono enzimi che catalizzano l’idrolisi di molecole (cioè la loro scissione mediante inserimento di una molecola di acqua), le transferasi catalizzano il trasferimento di gruppi funzionali da una molecola a un’altra, le ossidoreduttasi catalizzano reazioni di ossidoriduzione, le ligasi quelle di formazione di legami, ecc. Poi ci sono i sottogruppi: le idrolasi, ad esempio, includono le proteasi che idrolizzano le proteine e le amilasi che idrolizzano l’amido.
Esempi applicativi
Eccovi qualche esempio di impiego di enzimi nella produzione di alimenti.
Sciroppo di glucosio-fruttosio
È un dolcificante largamente utilizzato nell’industria delle bevande e dei dolci. Viene prodotto a partire dall’amido (per lo più di mais) sottoposto a due step di attacchi enzimatici. Dapprima agiscono le idrolasi (amilasi, maltasi) che attaccano l’amido liberando glucosio. Poiché il potere dolcificante del glucosio è piuttosto basso (75, fatto 100 quello del saccarosio), per rendere lo sciroppo più dolce si procede a un secondo attacco enzimatico, questa volta con l’enzima glucosio isomerasi, che catalizza la trasformazione di glucosio in fruttosio, un monosaccaride con potere dolcificante 150. Negli sciroppi ad alto contenuto di fruttosio (HFCS, High Fructose Corn Syrup) la percentuale di fruttosio supera il 50%. Se invece è più bassa generalmente lo sciroppo prende il nome di isoglucosio.
Latte delattosato
Si ottiene mediante trattamento con l’enzima lattasi, una idrolasi che scinde il lattosio (lo zucchero del latte) nei due monosaccaridi che lo compongono: glucosio e galattosio. In questo modo latte e derivati possono essere assunti anche dagli intolleranti al lattosio.
Nella produzione di latte delattosato l’Italia vanta un primato: il processo è stato sviluppato nel 1975 dalla Centrale del latte di Milano. All’epoca si utilizzava l’enzima immobilizzato su una resina attraverso la quale si faceva passare il latte. Oggi la tecnologia è cambiata e prevede la miscelazione dell’enzima nel latte, dove poi rimane (viene però inattivato dai trattamenti termici).
Prodotti da forno
L’utilizzo di enzimi nel settore dei prodotti da forno è cresciuto enormemente negli ultimi anni poiché permette di migliorare il risultato senza dovere dichiarare queste sostanze in etichetta. Questo perché gli enzimi, venendo distrutti dal processo di cottura, nei prodotti da forno finiti non svolgono più alcuna funzione e sono perciò considerati coadiuvanti tecnologici, per i quali non c’è obbligo di inserimento nell’elenco degli ingredienti. Rimpiazzare gli additivi con gli enzimi, quindi, si traduce in un’etichetta pulita. Nella produzione di pane, lievitati dolci & Co. si possono ad esempio impiegare gli enzimi:
- lipasi: idrolizzano i trigliceridi trasformandoli in digliceridi e monogliceridi, che hanno funzione emulsionante
- alfa e beta-amilasi: scindono l’amido in molecole più semplici come maltosio e destrine. Si impiegano per agevolare il processo fermentativo negli impasti lievitati e per rallentare il raffermamento nei prodotti finiti. Questi enzimi possono essere introdotti anche sotto forma di malto, che ne è ricco
- asparaginasi: trasforma l’asparagina (aminoacido coinvolto nella reazione di Maillard) in acido aspartico, evitando così la formazione di acrilammide, composto dannoso per la salute, per il quale la legge impone limiti massimi di presenza negli alimenti
- transglutaminasi: è un enzima di “cross-linking”, che porta alla creazione di legami tra aminoacidi (glutamina e lisina). Si formano così reticoli proteici che stabilizzano la struttura dei lievitati. Questo enzima si utilizza anche per ottenere un effetto “collante” e strutturante in prodotti a base di carne o alternative vegane, oltre che in gelati, yogurt e formaggi.
Lo sapevi che…
- SURGELATI: gli enzimi continuano ad agire anche a temperature negative (seppure molto più lentamente). Reazioni di degradazione degli alimenti catalizzate da enzimi – come ossidazioni, imbrunimento, idrolisi delle proteine, irrancidimento dei grassi, formazione di composti indesiderati – possono perciò avere luogo anche nei surgelati. Allo scopo di inattivare gli enzimi prima della surgelazione i vegetali vengono sottoposti a blanching, un trattamento che consiste in una veloce scottatura mediante vapore o immersione in acqua calda.
- DETERGENZA: esistono detergenti enzimatici che sono in grado di idrolizzare le molecole alimentari (proteine, lipidi, amido) facilitandone la rimozione. Servono anche per eliminare i biofilm, ossia formazioni di colonie batteriche racchiuse in matrici polisaccaridiche extracellulari prodotte dai batteri stessi, che aderiscono alle superfici e sono molto difficili da rimuovere.
- GELATINA: ananas, papaia, kiwi e fichi sono ricchi di proteasi e ciò ne rende impossibile l’utilizzo con gelatine proteiche perché gli enzimi di questi frutti provocherebbero l’idrolisi delle proteine, impedendo così la formazione della tipica struttura del gel. Per ovviare al problema si può sottoporre questi frutti ad un trattamento termico in modo da inattivarne gli enzimi.
FONTI
– Circolare Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali 20 febbraio 2009, Nuovi regolamenti comunitari riguardanti gli alimenti
– Regolamento (CE) N. 1332/2008 del parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008
– Robinson P. K., Enzymes: principles and biotechnological applications, Essays Biochem. (2015) 59, 1–41
– www.worldbakers.com/enzymes-clean-label/
– www.eufic.org/it/cosa-contengono-gli-alimenti/article/what-is-glucose-fructose-syrup-qa
Articolo pubblicato su Pasticceria Internazionale n. 320 (giugno-luglio-agosto 2020) e Alimenti funzionali n. 35 (settembre 2020) editi da Chiriotti Editori, adattato per Saperedicibo.it